L’ALTERA BELLEZZA DEL CIELO

L’ALTERA BELLEZZA DEL CIELO

Molte luci avevano rallegrato l’atmosfera della vecchia piazza quella sera.
La festa del paese volgeva ormai al termine e per le strade si udivano solo gli ultimi chiassosi schiamazzi dei giovani e dei venditori di gioie e dolciumi.
Ad un angolo dell’antica piazza, chiuso nel suo vecchio e logoro paltò, stava un minuto musico girovago. Una lunga barba incolta gli ricopriva il volto e dava al suo giovane viso un’aria stanca e invecchiata. Lo si vedeva ormai da mesi a tutte le feste della zona e nessuno era mai riuscito a capire da dove arrivasse e quale fosse il suo nome.
Quando tutte le luci si spegnevano, il musico raccoglieva i suoi quattro stracci e le poche monete che qualche anima buona gli aveva donato e riprendeva il suo cammino, solo e immerso nei suoi pensieri.
Quella sera però il giovane si era trattenuto un po’ di tempo in più. Aveva assistito a tutti i lavori di smontaggio del palco e delle mercanzie e solo quando ormai era quasi tutto finito, si apprestò a raccogliere la sua poca roba e a riprendere il suo cammino. Proprio allora sentì qualcosa di particolare nell’aria. Era come se una strana forza volesse ancora trattenerlo in quella piazza.
Si fermò ancora per qualche minuto e i suoi pensieri tornarono indietro nel tempo… a quando egli era conosciuto ed ammirato da tutti per la sua saggezza e la sua bontà. Aveva amato i suoi simili e si era adoprato in tutti i modi per aiutarli a risolvere i piccoli problemi che la vita di tutti i giorni poneva loro davanti.
Erano i tempi in cui era il sole a muovere le sue azioni.
Tornò così per un attimo al tempo in cui aveva smarrito la sua antica saggezza, al giorno in cui erano nate le prime fabbriche e la sua città aveva cambiato radicalmente il suo aspetto, sostituendo le vecchie case e i loro tetti ordinati ed allegri con degli orribili casermoni abitati da uomini che vivevano come schiavi, abbrutiti dall’alcol e dal duro lavoro.
Mentre era immerso in questi grigi pensieri, pensò per un istante a come sarebbe stato bello se avesse potuto staccarsi dal suolo e volare, per un po’, al di sopra di quel simulacro di vita che egli, da alcuni anni, stava conducendo.
Quasi senza accorgersene, il giovane musico si sentì sollevare da terra e, prima che potesse fare alcunché per evitarlo, se mai lo avesse voluto, iniziò a volare.
Librandosi come un uccello al di sopra delle nuvole, vedeva l’immensità del cielo lì, a portata di mano, e giocava a perdersi liberamente in essa; e più si allontanava dalla terra, più gli pareva di udire dei suoni celestiali che gli regalavano un groviglio inestricabile di emozioni.
Sembrava incredibile ma in quei suoni la musica fluiva come un’onda marina con fare dolce e impetuoso. L’immagine che egli aveva di sé in quei momenti era quella di un enorme e smisurato bicchiere fragile e vuoto, che la musica riempiva fin dentro i suoi anfratti più reconditi.
Come d’incanto, iniziò a sentirsi di nuovo pieno di forza, sentì tornare in lui la voglia di vivere e di amare. Il labirinto dei suoi pensieri era ormai simile ad un sentiero tracciato e le sue inquietudini sembravano solo dei ricordi passati.
Un meraviglioso fluido vitale si spargeva in lui quando lentamente, ridiscendeva verso terra.
Nessuno dei presenti, affaccendato negli affanni della propria quotidianità, sembrava accorgersi di quell’evento straordinario. Il giovane musico era stupefatto, pensò di aver sognato e si diresse di corsa verso casa per cercare di comprendere meglio l’accaduto.
Nelle settimane successive, l’evento si ripeté più volte ed egli tornò ancora ad ascoltare quella musica incantevole.
Il giovane era felice e la malinconia di un tempo sembrava dimenticata.
Un giorno però, quasi per caso, egli si accorse di non essere più in grado di volare; quantunque si sforzasse di ripetere quei gesti che, fino a qualche giorno prima, gli avevano consentito di librarsi in alto nel cielo: non poteva sollevarsi più da terra, neanche di un centimetro.
Passarono settimane e il povero musico, cupo e silenzioso, trascorreva giornate intere nel ricordo di quei fantastici voli e di quella musica celestiale.
Sognava spesso di poter ripetere quella fantastica esperienza, ma tutto sembrava vano, fino a che una mattina, mentre il suo sguardo stava per iniziare a perdersi tra i colori del cielo e delle nuvole, sentì quel magico fluido ritornare a scorrere in lui.
Si sentì sospingere verso la scrivania e lì, poté osservare la sua mano che, mossa da una forza che non riusciva a controllare, scorreva velocemente sulla carta, lasciando dietro di sé un mare di note musicali. Era la musica che egli aveva ascoltato nei suoi magici voli ed era lì, come un piccolo frammento di un sogno, ad addolcire ancora il corso della sua esistenza.
Scrisse instancabilmente per anni e, quasi come in quei voli, sentì che la musica continuava a riempire il suo tempo e a cullare i suoi sogni.
Ora però, essa poteva essere donata al mondo, non apparteneva più solo al cammino della sua esistenza. Egli, infatti, dopo aver trascritto le musiche, le affidava a qualche maestro bisognoso affinché potessero prendere forma compiuta.
Visse così, tranquillo e felice per lunghi anni.
Solo ogni tanto, guardando le nuvole scorrere lievi tra le infinite distese azzurre del cielo, il musico tornava a pensare ai suoi voli e quel fantastico ricordo portava in lui un senso di infinita serenità.
Molti furono gli uomini che egli aiutò nel corso della sua lunga vita e tanti lo saranno ancora grazie alle sue musiche che ancora oggi vagano, sospinte dal vento, per riempire i cuori e le menti di quelle anime solitarie che dedicano i giorni migliori della propria esistenza alla ricerca dell’altera bellezza del cielo e della misteriosa magia insita nel moto dell’anima proprio di ciascun essere umano.

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